Daitarn 3… Azione!

Daitarn 3, il mitco robot gigante creato da Yoshiyuki Tomino e made in Sunrise. Classe 1978, 40 episodi per una serie che è diventata un vero cult in Italia.

Nessuno è profeta in patria, dicevano… Daitarn 3 entra in quel gruppo di casi in cui una serie giapponese che ha avuto una fredda accoglienza in patria è diventa invece un cult all’estero.

Un po’ come era successo per Goldrake, la cui fama in Giappone è assolutamente secondaria rispetto al precedente Mazinga dello stesso autore Go Nagai, anche Daitarn 3, serie Sunrise del 1978, ha incontrato un favore di pubblico molto superiore in Italia piuttosto che nella terra degli anime.

Daitarn salta subito all’occhio tra le produzioni robotiche di quegli anni per diversi fattori: la quantità di idee, molte in controtendenza rispetto al genere, la grafica ed il design accattivanti, i personaggi principali con il loro modo particolare di interagire quasi da “sitcom”, la capacità di saper costruire momenti drammatici e nello stesso tempo il fatto di non prendersi troppo sul serio. Altro fattore decisivo del successo in Italia poi sta sicuramente nell’indimenticabile sigla locale firmata Albertelli-Tempera e cantata dai Fratelli Balestra, una delle più belle di sempre.

L’ideazione della serie è di Yoshiyuki Tomino e Hajime Yatate (pseudonimo dietro il quale si cela lo staff creativo della Sunrise). In particolare Tomino nel 1978 non era alla prima esperienza con una serie robotica: con la Sunrise aveva già collaborato come regista dei primi 26 episodi di Raideen (non arrivato in Italia), alla produzione di Vultus V e, con un ruolo più determinante, alla regia generale di Zambot 3, il primo anime originale completamente concepito e prodotto all’interno della Sunrise.

Zambot 3 era una serie con un’indole decisamente drammatica e pessimista; per differenziarlo dal predecessore si decise in fase progettuale di dare a Daitarn 3 un’impronta molto diversa, creando un’opera con un taglio che si avvicinasse al cinema occidentale in stile 007, con più spazio all’avventura, citazioni del cinema internazionale e dando risalto all’umorismo e all’ironia.

Molta libertà fu lasciata agli sceneggiatori e agli animatori che si sbizzarrirono a sperimentare nuove soluzioni sia di sceneggiatura che visive (la mimica facciale del Daitarn, le onomatopee alla comic americano, le deformazioni prospettiche esasperate).

In Daitarn 3 ha grande importanza l’auto-ironia, non mancano infatti momenti in cui vengono scherniti i luoghi comuni del genere robotico: si ironizza sul fatto che i personaggi degli anime siano sempre vestiti uguali, il robot viene attaccato durante la trasformazione, capita che il pilota del Daitarn non sia sempre per forza il protagonista tanto che in una puntata Banjo ed un nemico si cambiano addirittura i mezzi.

Reika e Banjo
Garrison e Beauty
Una cabina di pilotaggio sovraffollata con Garrison, Toppy, Banjo, Reika e Beauty …

Grande importanza hanno i personaggi: oltre a quelli principali anche i comandanti meganoidi, che affrontano di puntata in puntata la potenza del Daitarn, sono tutti caratterizzati nella loro personalità ed ossessioni, in molte occasioni non vengono trascurati neanche i semplici sgherri.

La drammatica verità dietro il legame tra Koros e Don Zauker, in netto contrasto con lo spirito leggero della serie è uno degli aspetti più oscuri e controversi, ma anche uno dei più suggestivi.

Se l’affetto del pubblico Italiano per Goldrake si può in parte, e in modo riduttivo, spiegare per il fatto che è stata la prima serie robotica importata in Italia, la stessa cosa non si può dire anche per Daitarn 3, che arrivò in periodo in cui le serie di robot giapponesi si stavano diffondendo a macchia d’olio nei palinsesti televisivi nostrani.
In realtà però basta guardare qualche episodio per capire subito il perché del suo successo. Viene piuttosto da chiedersi come mai non abbia funzionato nello stesso modo in Giappone.

Giorgio Salimbeni