Fare radio sui social

Digitare su Google “Fare radio sui social” rimanda a oltre 30 milioni di risultati ma è difficile ottenere una risposta precisa: cosa significa fare radio nell’era di Facebook, principale canale di informazione, di Twitter, sponda perfetta delle emergenze di qualunque natura, di Instagram con le sue Stories e dirette che permettono di essere online 24 ore su 24. Come si pone la radio in questo information overload, lei che è stata il primo medium in grado di sbullonare gli orologi e offrire “tutto sempre”? Non si tratta solo di integrare la comunicazione riempiendo le piattaforme di contenuti che raccontino il mood della radio: questo passo è già stato fatto dalle emittenti, siano esse su scala nazionale o locale, pubbliche o private (commerciali, si dice in gergo), piccole o grandi colossi di recente formazione. Per non parlare delle webradio che continuano a nascere, crescere e trasmettere in streaming cercando di farsi conoscere sempre più verticalmente, con specializzazioni su argomenti, generi musicali o quanto altro.

L’universo radiofonico ha accolto con molta difficoltà l’avvento dei social. E il motivo è molto semplice: si tratta di due piani comunicativi completamente diversi. La radio è puro audio: racconto in parole e suoni, senza immagini. La musica segue regole precise di categorizzazione in base a quella che è la scelta del mood dell’emittente (non solo l’ispirazione romantica del momento, come si ama far credere agli ascoltatori rapiti dalla magia della scaletta). Le voci evocano atmosfere, creano mondi personali, informano, descrivono: ma tutto attraverso l’uso fluido delle parole in una corrente che non s’interrompe mai.

 

La radio è al pari di un libro: ognuno immagina quello che sente (o legge) a modo suo. La sua magia è nell’assenza totale del linguaggio video, che rende la radio libera di essere interpretata, scelta e sentita. La radio si può ascoltare senza che le immagini video implichino una richiesta ulteriore di concentrazione: la televisione ingloba tutti i piani dell’attenzione, la radio invece si occupa di tenere impegnate solo le orecchie. Il successo che da più di novant’anni accompagna le radio attraverso i loro vari sistemi di trasmissione (AM, FM, il recente e in corso DAB, gli streaming web) si deve principalmente alla sua compagnia discreta, sottile e mai invasiva (a meno che non si tenga il volume altissimo, ma qui entriamo nel campo del gusto personale).

Le piattaforme social sono invece un mix continuo di linguaggi e quello visivo la fa principalmente da padrone. Su Facebook si è più facilmente coinvolti da un post che ha una fotografia allegata o un video che parte in automatico (senza audio, a conferma della differenza di natura con la radio), e le dirette video sono un contenuto amatissimo per un certo tipo di comunicazione: vip e politici ne fanno largo uso, perché elimina la mediazione della stampa e permette di rivolgersi direttamente ai fan e agli interessati, aprendo anche all’interazione. Stesso discorso delle dirette Instagram, un vero e proprio strumento di divulgazione su qualunque argomento dello scibile umano da parte di chiunque; inoltre spopolano le Stories, vale a dire brevissimi video che possono essere arricchiti da effetti, filtri, tag, gif e quanto altro. E possono anche essere muti, perché ciò che si mostra è quello che conta. Su Twitter c’è da circa quattro anni la possibilità di andare in diretta video (e qualcuno lo sfrutta ancora) con Periscope. La piattaforma è stata tra le primissime a incorporare video cortissimi (il defunto Vine) per esprimere il proprio concetto oltre i caratteri limite. Per non parlare di YouTube, il social dei video per eccellenza. Dove si possono far incontrare le differenze linguistiche e comunicative tra la radio e le piattaforme social? Partendo in realtà proprio dalla funzione di live streaming di YouTube, che nel 2015 è stata tra le prime piattaforme a intuire la potenzialità della mescolanza di linguaggi.

Tralasciando le sponsorizzazioni di programmi o le condivisioni di contenuti nell’utilizzo di Pagine Fb, profili Tw e Ig come canali che ribattono ciò che si sta raccontando in radio (ospiti, canzoni, temi, foto eccetera), la funzione delle dirette streaming ha aperto nuovi scenari proprio per le radio 3.0. Vale a dire, la trasmissione continua di contenuti che integrino in modo fluido audio e video: la famosa “radiovisione”. Un esempio fortissimo di radiovisione a livello nazionale è stata la carta vincente del network più ascoltato in Italia, RTL 102.5, che oltre all’isofrequenza su tutto il territorio offre la possibilità di “vedere la radio” 24 ore su 24 durante le trasmissioni, collegandosi al canale televisivo del digitale terrestre o agli streaming social. Da questo punto di vista, Radio Zampediverse corre perfettamente su questa strada tracciata ma offre un approccio ancora più specializzato: il format si sviluppa con brevi collegamenti che riproducono un vero palinsesto radiofonico con rubriche, interventi e basi musicali, ma eliminano il rischio dei tempi morti perché non c’è diretta continua. In più, può arrivare a un bacino di utenti davvero interessati al contenuto, contribuendo all’informazione verticale sull’argomento. Come?

RadioZampediverse va in onda via Facebook sulla pagina ufficiale di Zampediverse e in contemporanea anche sulla pagina dell’evento in cui viene proposta, ad esempio una fiera del libro. Il format è nato proprio in occasione della fiera Tempo di Libri 2018 a Milano. Chi non poteva fisicamente partecipare all’evento si collegava alla pagina Facebook ufficiale di Tempo di Libri (e di Zampediverse) e seguiva le interviste radio che gli interessavano, comodamente dallo smartphone o dal computer. Gli interventi radiofonici si potevano riascoltare e rivedere in qualunque momento appena terminato il collegamento della diretta. In questo modo RadioZampediverse sfrutta le potenzialità della social radio che non mette mai in secondo piano il linguaggio audio, ma lo arricchisce grazie a una regia video elegante, curata anche nei dettagli, che non riprende fissa lo studio o gli speaker. La strada dell’integrazione tra radio e social è ancora lunghissima, ma per webradio e progetti radio one-shot la funzione dei live streaming è stata la chiave di azione che ha provato a regalare alla radio una nuova forma espressiva, seppur tradendo la sua unicità comunicativa legata all’audio. Mettere in mostra le magie radiofoniche significa rinunciare un po’ al segreto del laboratorio misterioso di voci e musica, ma è un primo tentativo di evoluzione del linguaggio che davvero non si può ignorare.

 

Zampediverse

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