Sanremo – Giorno 2

Stasera ho capito che Sanremo è di tutti.

Sanremo. Interno notte. Ristorante. Ovviamente la tv è sintonizzata sul Festival. È il momento di Patty Pravo. A metà esibizione un uomo sulla quarantina si alza e in palese contestazione (col televisore!) ci tiene ad annunciare a tutto il ristorante che non ce la fa più ad ascoltarla e quindi esce a fumare. Seguono borbottii e qualche risata (sopratutto dal suo tavolo).

Bene, dicevo, è stato più o meno qui che l’ho capito. Che Sanremo è di tutti, intendo. Che in realtà era un pensiero che avevo in testa da tutto il giorno, ma che non ero riuscito ancora a chiarirmi per bene.
Un uomo che vede la tv e che reagisce in quel modo, come non saprei dire cosa. Che si mette in punizione, esagerando. Giocando. Facendo la parte.

Sanremo non è della Rai. Non è di Carlo Conti. E non è del Comune di Sanremo.
Sanremo è della gente.

Questa mattina sono stato in un palazzo accanto all’Ariston. Dovevo ritirare un pass. Questo palazzo è per 360 giorni l’anno un palazzo normale. Ma per 5 giorni è un palazzo ostaggio del Festival. Per avvicinarsi bisogna mostrare documenti e/o parlare con delle guardie. E c’è (ASCOLTATE ASCOLTATE) un addetto al citofono. Una signora, salita insieme a me in ascensore, doveva andare dal commercialista. Ha dovuto dichiarare il suo nome, quello del commercialista e l’addetto al citofono ha verificato che fosse tutto ok prima di lasciarla passare. È così tutti gli anni dice. Ma è il festival. Nulla di più. Per lei era normale. Perché Sanremo è Sanremo? Forse. Perché quello è IL momento della sua città. Probabilmente.

Ancora zona Ariston. È mattino presto. Nessuna traccia di VIP sul red carpet, ma la zona intorno al tappeto già pullula di personaggi. E di personaggi a caccia di personaggi. Là dove negli anni siamo stati abituati a vedere i sosia di Pavarotti eLiz Taylor adesso c’è un signore che fa la foto a una vecchietta dalla mise variopinta che sta dicendo la sua sul festival a una tv privata. Lo fa in maniera a tratti eccessiva, a tratti buffa. Lui nel fotografarla mi guarda e dice Questa è il top, altro che vip. E un po’, lo ammetto, mi viene voglia di strappargli il telefono dalla mano, un po’ però capisco che anche questo fa parte del gioco.
Così come mi rendo conto che sono circondato da operatori di radio e tv locali che hanno un solo obiettivo: mettere il microfono in maniera coatta sotto il naso di un passante qualunque e chiedergli di cantare il primo pezzo di Sanremo che gli viene in mente. Ed è subito un fiorire di Grazie dei fior, Papaveri e paperi, Come saprei, Albani e Romine, Terre dei Cachi, Si può dare di più senza essere eroi e nessuno (a parte me, ma io sto lavorando e sono giustificato) si rifiuta di cantare. Cantano tutti. Forse ha ragione Carlo Conti e come dice l’hashtag #TuttiCantanoSanremo o forse, come ho capito io soltanto stasera, Sanremo è qualcosa di tutti. Semplicemente.

Federico Vergari